Obama al finish

Obama al finish.
Tonino D’Orazio, 5 novembre 2014.
Figura e potere sbiadito della fotocopia in nero del neocapitalismo americano. Non ricordo quale altro presidente, tra l’altro questo è un Nobel per la pace, abbia acceso più focolai di guerra nel mondo sotto la sua responsabilità.
E’ anche vero che il sistema elettorale della democrazia, detta la migliore del mondo, è una trappola al fine di impedire al presidente di governare il paese. Il suo potere può essere capovolto ogni due anni, malgrado la sua rielezione o estremamente limitata se non ha la maggioranza nei due rami del parlamento. Anzi, malgrado questo, abbiamo visto la resistenza dei democratici stessi sulla riforma, che doveva essere epocale, della sanità. Da una mediazione all’altra non ne è uscito un granché. Adesso, dopo la perdita del Senato e del Congresso (già nel 2010) inizia una nuova coabitazione, diciamo l’obbligo alla “coalizione se non alla coabitazione”. Non cambia assolutamente nulla per il mondo.
Le promesse sono utili solo nelle campagne elettorali. Lo sappiamo benissimo anche noi, almeno alcuni di noi. Il problema di molte promesse, o posizioni politiche, interferiscono purtroppo direttamente sul mondo intero, noi compresi.
Le tematiche sull’immigrazione negli Usa ha preso un binario morto già con lui e le promesse non sono state mantenute; praticamente neri e ispano non sono andati a votare. I repubblicani vogliono il rafforzamento poliziesco, se non militare, alle frontiere. Grande occasione mancata.
I progetti ambientali sostenibili non sono decollati. Alle destre, anche europee, non interessano affatto. Il petrolio, anzi l’oro nero, rimane l’obiettivo principale. Anche in Italia. Il gigantesco progetto dell’oleodotto (denominato Keystone XL), che dovrebbe portare le sabbie bituminose del Canada alle raffinerie del golfo del Messico, sul quale Obama e alcuni democratici avevano qualche dubbio, verrà sicuramente sbloccato dai repubblicani. La riduzione del 30% dei gas CO2 prevista entro il 2030 non è mai piaciuta loro. Che il mondo si arrangi.
Il tetto del debito pubblico, bestia nera dei repubblicani, era stato rialzato, dopo un accordo col patema dell’ultimo giorno (bella tecnica di ricatto!), fino a marzo 2015 grazie alla defezione organizzata di una ventina di repubblicani, pur di uscire dallo stallo. Il ricatto al presidente era troppo evidente. Ma questi ultimi non hanno mai smesso di chiedere tagli alla sanità, al sociale e all’insegnamento, oltre che alla funzione pubblica in generale. Anche la riforma fiscale, che obbligava le imprese a dichiarare in patria i benefici tassabili delle multinazionali, avrà vita breve. I repubblicani sono per il libero mercato mondiale assoluto. Quindi, per noi, i repubblicani accelereranno l’irreversibile trattato segreto di libero scambio sia con l’Europa dei burocrati e delle destre (TTIP) sia con undici paesi dell’est asiatico (TPP). Accerchiando da un lato la Russia con il consenso di una Europa servile, e dall’altro lato la Cina; l’Africa è in ginocchio, poi penseranno all’America Latina. Aggirando così gli accordi non sempre convenienti all’impero, data la spinta di nuovi colossi mondiali, del World Trade Organization, e istaurando aree riservate di dominio, un po’ come il Commonwealth dell’impero inglese a tutt’oggi.
In quanto alla riforma della sanità, “Obamacare”, sarà di difficile abrogazione, poiché dovrebbe firmarla il presidente stesso, ma sarà sicuramente sgretolato piano piano non rifinanziandolo, nella stessa strategia europea di tutti al minimo. Anche per le nomine importanti, esercito e giustizia, assisteremo al solito balletto di compromissione. Per due anni sarà la stessa funzione di coalizione da partito unico. L’immobilismo. Solo le guerre e i loro affari continueranno sempre di più.
In una campagna dominata dalla finanza più che dall’economia, Obama ha messo davanti alcuni elementi positivi del suo mandato: crescita in rialzo; tasso di disoccupazione inferiore al 2008 (5,8%); nuovi impieghi quadruplicati in confronto alla gestione del presidente precedente; una sanità, anche se minima, che ha coperto qualche milione di americani poveri ma non ripagato dal voto, …
E quindi? Gran parte della classe media, che in genere vota ma sta scomparendo, evidentemente non ne ha ricevuto benefici, anzi. Il salario medio delle famiglie rimane al disotto di quello precedente la crisi per più dell’8%. Molti elettori stimano che il loro impiego sia meno protetto, che possono essere licenziati in qualsiasi momento e che non possono più avere accesso alle pensioni come prima. Ditemi se non è una pericolosa ideologia dilagante e organizzata attraverso il mondo.
Per tornare alle questioni internazionali, nessuno si pone il problema dei focolai di guerra esistenti, a parte Bergoglio, dove guarda caso c’è sempre presente la mano nord americana/inglese (e anche le loro armi), e che i rischi si sono estesi a livello globale. Basti pensare ala strategia spregiudicata di Obama nella crisi ucraina con il tentativo di portare la Nato sino ai confini tangibili della Russia, con il rischio di provocazioni pericolose, soprattutto per l’Europa, adesso rimasta sola con il cerino in mano delle inutili sanzioni. Queste incertezze, Ebola, attacchi islamici, reingaggio in Irak, tensione afgana, Isis creatura sfuggita di mano e decapitazioni, crisi varie internazionali che non si risolvono, hanno forse avuto un effetto ansiogeno sul popolo nord americano?
L’altra bestia nera rimane l’Iran e il suo supposto potenziale atomico. La vittoria dei repubblicani ridà fiato ai principi guerrafondai anche di Israele (e di Erdogan), che pure Obama era riuscito a tenere, un po’, buoni, lasciando correre, aiutando finanziariamente i nuovi insediamenti in territorio palestinese occupato, e non condannando il genocidio continuo di Gaza. Che ingenuità questa Mongherini sulla nascita dello stato palestinese! La destra, chiara e nitida, è la destra democraticamente fascistoide uguale in tutto il mondo. Le armi principali sono proprio le sanzioni economiche se non il blocco militare dei “nemici” e la guerra dei ricchi contro i poveri.
E come volevasi dimostrare è quella che Obama ha perso, ammesso che lo abbia mai combattuta nei fatti. Ammesso che un presidente degli Usa conti veramente qualcosa in casa, se non l’oleogramma a colori di se stesso.

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